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15 marzo – Omaggio ad Angela Ricci Lucchi e SS Mag #30

Giovedì 15 marzo h 19.30 presentazione Sentieri Selvaggi Magazine n.30 “Visioni al femminile nell’era del #metoo”, e a seguire un omaggio con proiezioni e frammenti ad Angela Ricci Lucchi. Via Carlo Botta 19 a Roma, INGRESSO GRATUITO

Ecco il nostro ricordo della cineasta scomparsa lo scorso 28 febbraio, a firma di Leonardo Lardieri

Il passato per noi non esiste. Noi siamo sempre nel presente, e anche queste immagini lo sono. La storia non è solo una ripetizione, come diceva Vico: «Le guerre tornano il colonialismo prosegue». Quando facciamo i nostri film non percepiamo queste ripetizioni, e tuttavia una volta realizzati prendiamo coscienza della storia. Abbiamo una percezione del nostro lavoro nel tempo stesso in cui si fa la storia. Per questo motivo non siamo storici ma testimoni. O archeologi: mettiamo a nudo gli strati della storia. Ma è fondamentale che gli archivi diano la sensazione del presente che si cela dal loro interno”.

maxresdefaultAngela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian rappresentano la memoria articolata in rapporto ai sensi. Rappresentano il recupero di un patrimonio iconografico dell’immaginario collettivo e personale. Nei primi lavori muti importante e originale è la presenza del profumo. Il primo in assoluto, Erat/Sora (super8 del 1975), presenta il mese di maggio profumato di rosa. Nelle campagne si prega. L’interesse va alla tradizione, alla cultura popolare, alle immagini si associa anche un profumo intenso. in un film del 1976, Cesare Lombroso – sull’odore del garofano, girato nel museo torinese dedicato allo studioso, si gioca sull’essenza dell’olfatto nei criminali. E poi, il catalogo: Il lavoro di Gianikian e Ricci Lucchi non smette mai di rammentarci che l’archivio non custodisce le tracce morte del passato, ma è anzitutto la testimonianza più che mai viva di ciò che oggi siamo. Quando nel 1986 i due artisti si impongono con uno dei loro lavori più noti e apprezzati, Dal Polo all’Equatore, realizzato a partire dalle immagini tratte dall’omonimo documentario e da altre pellicole della collezione Comerio, il discorso attorno all’archivio si era già ampiamente diffuso tanto nella pratica artistica che nel dibattito storico e filosofico.

GRL_Marcia-delluomoGianikian e Ricci Lucchi intervengono direttamente sullo stato fisico della pellicola: il loro chirurgico operare sulla pellicola per curarne le ferite e salvarla dall’azione annientatrice del tempo, permette alle immagini d’archivio di acquistare attraverso il loro rimontaggio, ri-colorazione e sonorizzazione, quel grado di artisticità necessario per poter mostrare nuovamente le insuturabili ferite della storia e gli intollerabili segni della guerra sui corpi dimenticati di uomini e bambini. In questi giorni in cui a poche ore di distanza, sono andati via Angela Ricci Lucchi e Gillo Dorfles, torna alla mente soprattutto un meraviglioso lavoro di Francesco Clerici, In un bicchiere d’acqua, in cui l’intellettuale artista ci ricorda che “la sete è tutto”, proprio come recitava lo slogan di una nota pubblicità della Sprite del 1998 (vedi Thief sul nuovo Magazine). “La sete è tutto”, altrimenti l’involucro non avrebbe motivo di esistere… proprio come per Angela Ricci Lucchi, in gioventù allieva di Oskar Kokoschka, la quale trovava il “senso” della memoria e della storia solo nella realtà dei fatti. A differenza di coloro che impiegano la tecnologia in modo acritico e non di rado toccando punte di fanatismo, dovendo lavorare per il mercato, Angela Ricci Lucchi al contrario ha mantenuto un sano distacco nei confronti del “mezzo” e quel che più conta agiva spesso con consapevole trasgressione per ottenere risultati estetici il più possibile al di fuori delle regole date.

Yervant-Gianikian-e-Angela-Ricci-Lucchi-Visions-du-desert-Frame-da-film-2000-Courtesy-Yervant-Gianikian-e-Angela-Ricci-LucchiRicordo nel 2012 una sua travolgente mostra all’Hangar Bicocca di Milano: Non non non(Non pulito, non estetico, non educativo, non progressivo, non cooperativo, non etico, non coerente: contemporaneo),  con tre installazioni site-specific. Clandestina dell’avanguardia e della sfasatura tra cinema, installazione e pittura. Contemporanea perché ci consegna l’intempestivo errore cronologico, uno spostamento di date. Si entra nel crepaccio che esiste tra passato e presente, una sospensione che ci permette di guardare meglio la nostra stessa attualità. L’arte (video) nasce proprio quando si fanno forti nel mondo delle arti visive le tensioni a una smaterializzazione dell’opera; quando più urgenti di rivelano le pulsioni a incrociare i linguaggi aperti dalle arti performative e le mute e concettualizzate figure delle arti belle; quando è necessario lasciare deposito e traccia di eventi destinati  altrimenti a sparire o a perdere la loro fondamentale continuità temporale; quando, infine, l’utilizzazione di un nuovo strumento può valere a dare patenti di novità. In questa logica, come tutti gli altri movimenti di ricerca, la vita del video si spegne tra gli anni sessanta e settanta, e chi sale o s’attarda su quel treno rischia di restare prigioniero di una “stazione perduta” come in un racconto di Buzzati, lasciando trasalire il profumo per La marcia dell’uomo in Vision of the desert

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